Monumento della Maria Vergine ( Assunzione) statua in cemento, altezza 3.50mt con base 120x120cm alla scuola salesiani di Don Bosco di Dar es Salaam (Tanzania)
Posizionamento del cappello piumato del bersagliere in bronzo presso la sede della ditta Sitta S.P.A. a San Martino Buon Albergo (Verona)
Posizionamento dell'opera alla presenza del presidente dell'associazione Bersaglieri Verona e dell'assessore Corsi presso Porta Vescovo (Verona)
Posizionamento del monumento titolato "United Famme States" (unione degli stati in un'unica fiamma) presso l'ambasciata italiana a Losaka (ZAMBIA) - Africa
Nell'occasione del viaggio in Africa a Lusaka (Zambia) eseguita pittura del murales alla scuola dei comboniani intitolato: "il Libro della Giungla" - 43mq
Presso la fiera di Verona in occasione della mostra triennale di Verona presentata la statua "Il volo di Icara "alla presenza di illustri rappresentanti critici del settore e alla presenza del Prof. Sgarbi. Nella circostanza la critica ha premiato l'opera.
Posizionamento del monumento equestre in bronzo dall'altezza di 2.40 mt all'entrata principale del centro ippico presso Sommacampagna (VR)
Il giorno 15 Febbraio alla presenza del sindaco sig. Muraro, del parroco Don Francesco, della giunta e delle cariche ecclesiastiche è stato posizionata la statua dedicata al papa.
L'opera è stata eseguita in tecnica mista. L'artista nella sua scultura va a descrivere la forza di un domatore di cavalli.
Posizionamento presso villa Nogarola di Castel d'Azzano ( sede del comune ) alla presenza del sindaco dott. Bertaso e del segretario dott. Panuccio in compagnia di tutta la giunta comunale.
Descrizione delle opere:
La Perseide: statua in tecnica mista. Altezza 2,50mt - Base 150 x 150 cm. L'artista ironizza la multinazionale RAI tv italiana.
Il Sospetto: statua in tecnica mista. Altezza 2,20mt - Base 90 x 90 cm. Rappresentazione di una donna col sospetto di gravidanza.
La Responsabilità: statua in tecnica mista. Altezza 2,30mt - Base 90 x 90 cm. Presentazione della famiglia vista dell'artista con l'uomo che sostiene la mamma e il figlio.
In data odierna ho avuto l'onore di eseguire e posizionare l'opera prototipo in gesso dedicata al titolare Franco Mario presso la sede di Cerea.
Vera Meneguzzo Da L'Arena del 21 maggio 2011 - pag 55.
ARTE. Opera in mostra nel chiostro della basilica fino al 31 agosto
L'«Osservatore Romano» critica la statua di Roma («sembra una garitta») mentre convince di più gli ecclesiastici la scultura di Carlo Sirolla
Fa scandalo a Roma la statua di Giovanni Paolo II, appena inaugurata alla stazione Termini. «Sembra una garitta», così l'Osservatore Romano ha stroncato la scultura di Oliviero Rainaldi, perché il mantello del papa, aperto ad abbracciare l'umanità, sembra piuttosto quei gabbiotti in cui i soldati stanno di sentinella. Convince gli ecclesiatici invece, a partire dall'abate di San Zeno Giovanni Ballarini, l'altra statua del beato Wojtyla che dal primo maggio, giorno della beatificazione dell'amato pontefice, trova collocazione all'interno dell'edicola nel chiostro della Basilica di San Zeno Maggiore, dove rimarrà fino al 31 agosto. Così è nuovamente a Verona Giovanni Paolo II, che fu pellegrino di pace nella nostra città nell'aprile 1988, celebrando anche in San Zeno, come ricorda una lapide all'ingresso, quando era abate Ampelio Martinelli e siedeva sulla cattedra del Vescovo Moro Giuseppe Amari.
L'artista è Carlo Sirolla, che ben si può definire lo scultore dei papi. Già autore di opere dedicate a Karol Wojtyla (in piedi con la tiara e il pastorale, poi con la papalina e infine avvolto nel vento della montagna) e a Joseph Ratzinger. Il papa del chiostro zenoniano è invece raffigurato seduto su una poltrona, con un braccio alzato come un'ala benedicente. I tratti del viso e le mani non sono quelle dell'uomo vecchio e ammalato fissato ormai nel ricordo degli ultimi anni di eroico pontificato, ma hanno le fattezze di una persona vigorosa, conscia della sua forza benefica. «Per i lineamenti mi sono affidato alla mia memoria visiva», dice Sirolla. Ma il fascino dell'immagine sta piuttosto nella sensazione di protezione e di pace che emana.
Un'emozione che ha conquistato anche l'abate di San Zeno monsignor Giovanni Ballarini, convinto pienamente della bellezza dell'opera e del suo messaggio. Un valore aggiunto per le celebrazioni annuali del santo patrono, per unire l'arte alla venerazione.
La scultura ha le dimensioni di metri 1,60 x 1,10 x 0,90 (se il papa fosse in piedi raggiungerebbe 1,75, come la vera statura del pontefice) e pesa con il basamento 2,5 quintali. Sembra di bronzo, ma, come spiega l'autore, «è un prototipo eseguito con tecnica mista: i materiali che ho usato sono polistirolo estruso e cemento idrico, con decorazione a base di colori acrilici a effetto bronzo.
Così è fatto anche il basamento», spiega ancora Sirolla. «Ho realizzato il lavoro con questi materiali affinché fosse più leggero. In bronzo peserebbe quattro volte di più».
Sirolla, che scolpisce da sempre, è noto anche per la sua predilezione per il tema dei cavalli: una delle opere è stata presentata alla Fiera cavalli del 2008. Ora sta terminando un lavoro che si intitola Il minatore, dove domina un leone in marmo che dà l'energia a un sopravissuto della miniera per salvare un suo compagno. Nei prossimi programmi, Sirolla ha inserito una Apocalisse, in dieci formelle, «che vuole raccontare la storia dell'umanità attraverso gli errori, dimostrare che tutto era prevedibile e cercare di essere ammonimento per il futuro».
Vera Meneguzzo Incontrare l'arte di Carlo Sirolla scatena una imperiosa voglia di rischio, incita ad una sfida. Il rischio è quello di smarrirsi dentro i sacelli dei significati che si incastrano gli uni dentro agli altri, si aprono e si richiudono all'improvviso come cassetti a scatto. La sfida è lanciata alla capacità individuale di intuire il mondo della psiche al di là dell'immagine, avendone in cambio la soddisfazione di sapere decifrare gli enigmi di una utopia più verosimile della realtà.
Sirolla è tutt'altro che un artista "semplice". Ma chi può resistere alla sua avventura che si moltiplica in mille rivoli ugualmente tempestosi e incantatori, sia che prenda la strada della scultura che dell'opera grafica?
In un momento del cammino dell'arte in cui ci si interroga che cosa sia oggi la scultura - non di rado, proposta in azzardi discutibili, in provocazioni al concetto stesso di forma, in motteggiamenti alla funzionalità di testimonianza del suo tempo - Sirolla continua nella sua ricerca di far rifiorire nuovi polloni, dar corpo a concetti inediti sulla radice fondante della classicità. Punto di partenza ineludibile.
Anche se da tempo è stato superato il concetto di arte come appagamento ad una richiesta estetica e riscontro interpretativo del reale egli indaga per snidare il "bello" nello strano, nell'iperbolico, nell'irridente, nell'accusatorio, deformando la struttura pur sempre classica delle sue opere in un imprevedibile divenire. Un processo di trasformazione che s'incurva in lucentezze, si dilata in una proliferazione organica che schiude infiorescenze antropomorfe, oppure si corrompe come se il bronzo, il marmo, la creta diventassero materia necrotica capace però di incavare, scanalare vuoti, pertugi, anfratti che sembrano aprirsi per trovare ancora nuovi vuoti, nuovi pertugi, nuovi anfratti. Il movimento infatti, costituisce un'altra delle caratteristiche peculiari all'artista. L'alternarsi delle superfici a specchio a quelle ruvide, bernoccolute, irregolari crea una specie di indecisione della materia fra il suo costruirsi e il suo sfarsi, così complanare all'eterno corso della natura.
Ogni opera sembra agire nel vento. Ma non in un vento meteorologico. Piuttosto in un incrociarsi di energie talmente vigorose da smuovere qualsiasi senso di staticità e quasi "sciogliere " il soggetto nell'atmosfera circostante. Spesso Sirolla prende a prestito figure della mitologia greca e romana. Ma è solo un input. Prevalgono decisamente una rivisitazione, un aggiornamento ed uno stravolgimento del mito tanto che in esso si possono riconoscere, in una specie di enunciazione al quadrato, pregi e debolezze, aspirazioni ed angosce dei nuovi dei. "Mercurio" (o "Mercuria"), divinità dei mercanti, del commercio, dei guadagni ma anche dei viaggi e dell'allegria, con il capo fiammeggiante sempre di nuove idee rincorre se stesso nella circolarità e nella ricongiunzione del moto, non trovando mai un punto di approdo. La plastica leggerezza imprime una sensazione di dovizia e di fragilità, metafora della insensata brama di ricchezza. "Venere nella mano" esibisce un corpo dalle fattezze elleniche e un volto vuoto, come nascosto da una celata, mentre raccoglie la massa di capelli per vietare loro di specchiarsi. Una Venere moderna, un pò Narcisa e un pò guerriera nella battaglia per il successo che può mortificare la sua femminilità.
Fra gli "dei", anche personaggi simbolo. "Eva a cavallo" si avvale del serpente (la sua seduzione) come frusta per comandare l'animale-uomo, e piegarlo ad ogni suo capriccio o desiderio. Risoluto è l'impeto che Sirolla infonde a questa scultura cinetica e attorta. Come per le due opere "gemelle" "il domatore I" e "il domatore II", dove la simbiosi fra l'uomo e il cavallo diventa rapporto di forza per il dominio o per la resa. Mentre "Eva allo specchio" con un corpo robotizzato e il volto da manichino metafisico rimira con orgoglio la sua fredda e meccanica venustà. Sirolla affronta anche temi civili e relazionali. In "parcondicio", l'equilibrio fra i diritti-doveri dell'uomo e della donna è simboleggiato da due corpi che si abbracciano in perfetta linea retta, in una sorta di trave sale-scendi, a cui basta un infimo tocco per rendere da una parte oppure dall'altra. Più stabilità in "La responsabilità", una svettante scultura piramidale dove il padre tiene sulle sue spalle possenti la delicatezza della madre che a sua volta sostiene il bambino. L'opera è di ardito livello strutturale e compositivo, e si avvale di una inconsueta interpretazione simbolico-realistica. Sensibile anche al rapporto con la natura, Sirolla crea il suo inquietante "Scorpione" nel momento di passaggio fra insetto e uomo, con in un fantasioso anello di reincarnazione . Ma l'atto di fecondazione dello scorpione su un corpo di semidonna ha la lentezza e la implacabilità di un futuro di paure. Così in "Tutt' uno", dove la coppia, più che ambire ad una fusione con la natura, sembra esserne inghiottita nel suo devastante e preoccupante futuro.
In questo personale metalinguaggio, affiora di tanto in tanto una non innocente ironia, ma sempre vista con saggio distacco.
Ne fa testo la maestosa "Perseide", dove l'uomo e la donna in una complicità d'amore decapitano l'odierna Medusa, qui sarcasticamente raffigurata come un televisore che pietrifica gli incauti contemporanei. Il raccordarsi dei corpi sia per masse, che attraverso il cavo, "cordone ombelicale" fra la Gorgone e i due personaggi, dà un luogo a strutture dinamiche aperte che potenziano le vibrazioni luministiche dell'intera composizione. Mentre nello slancio arcuato de "il volo di Icara", poggiato su robuste braccia maschili, l'artista schernisce la presunzione femminile di poter "volare" senza una comune solidarietà. Il pericolo è di ritrovarsi "Donna gallina", accovacciata maestamente sull'uovo delle sue stesse illusioni. Anche in questa opera, straordinaria è la capacità di Sirolla di cogliere il momento di metamorfosi o meglio di sospensione dell'essere vivente da sempre indeciso fra lo stato animale e quello umano, simbologia del conflitto fra bestialità e Virtù, fra istinto e spiritualità. Sul tutto incombe il "Il Tempo". volto enigmatico che tiene gli occhi chiusi, perchè indifferente e impassibile agli eventi. Strano connubio fra lineamenti antropomorfi, simboli esoterici e strumenti del tempo, come il calendario Incas e i pendoli di un surreale orologio.
Non esiste alcuna discrepanza nelle tematiche espresse dall'arte di Sirolla, sia che si esprimano per forme plastiche che per segni.
Nei suoi disegni, nella sua grafica e tecnica mista e a tecnica libera, i soggetti isolati o compenetrati ad uno sfondo fitto e gravido di rimandi risucchiano dentro ad un mondo che si re- inventa e si riedifica tratto su un tratto in una incontrollabile germinazione di nuovi argomenti, presentimenti, rapimenti, pathos.
Suggestivi anche i titoli, come "Il robot", "La piovra", "Circus", "Venere nell'universo", "El Che Rivolution", "Il Mago Merlino", Selva Metamorfosi", "Formula 1", "Il Giornalaio", "L'Ade", "La bambola di latta", "Mitologia", "L'Eden", "L'Harem", "La grande fuga", "Tropica". Immagini che si compenetrano fra la robotizzazione, il mito, la citazione cronistica o letteraria. Vi si ritrovano spunti a volte poetici a volte psicologicamente aberranti, ma sempre conclusi nella loro estetica essenza. Anche qui domina il movimento. Che si riproduce attraverso linee-forze atte a tradurre il potenziale dinamico insito in ogni realtà. Il segno riesce ad rendere la simultaneità della rappresentazione come sintesi di memoria e inventiva visionaria attraverso il sovrapporsi, lo snodarsi e il compenetrarsi di piani e il solidificarsi delle figure e del paesaggio nello spazio. Sirolla scolpisce e disegna per capire se stesso, ma soprattutto ciò che lo circonda. La sua non è una semplice rivisitazione di fatti e soggetti, ma una occasione per l'interpretazione del mondo di oggi che analizza ed elabora il passato con l'interrogativo allarmato, commosso e ironico del dopo.
Articolo della rivista "AZmarmi"
Verona. È quasi sera quando raggiungiamo lo scultore Carlo Sirolla che ci attende a San Zeno per guidarci in una vicina piazzetta che ospita alcune sue opere in bronzo.
Nella breve passeggiata Carlo ci racconta in sintesi e con la rapidità che lo caratterizza, una buona parte della sua vita artistica. In breve scopriamo che la storia di Sirolla scultore comincia nel 1984. Anche se il suo apprendistato inizia dalla bottega del padre decoratore, proseguendo nella pittura e realizzandosi, con successo, nella creazione di cartoons e di immagini pubblicitarie.
Il maestro si presenta come una persona aperta ed affascinante soprattutto quando parla della sua passione per il creare, indifferentemente che si tratti di sculture, quadri, ceramiche o semplici caricature. Anzi in pochi attimi, sullo spazio bianco di un suo catalogo schizza la nostra immagine, somigliante e scherzosa.
Altrettanto simile, ma intrisa di doveroso rispetto, ci appare all'improwiso, posta in alto nello spazio di un giardinetto, la scultura raffigurante Benedetto XVI. Impossibile confondersi, lo scultore veronese anche in questa opera è riuscito a riprodurre le fattezze e l'animo del nuovo papa.
Se ne accorse anche il pontefice quando, fermato dalla folla acclamante, non poté trattenere uno sguardo meravigliato trovandosi a tu per tu con la propria immagine in bronzo.
Accanto a lui, posto sopra una poltrona cerimoniale, vi è il bronzo di papa Paolo Giovanni II, ed anche in questa opera appaiono inconfondibili i tratti che tutti ben ricordiamo.
Stiamo ammirando le due opere quando un gruppetto di persone anziane si avvicina parlando di quello che vedono, senza sapere che chi ha realizzato i manufatti in bronzo è presente. E' il sogno di ogni artista potersi trasformare in uno spiritello invisibile per poter ascoltare il giudizio del popolo per cui crea.
Il gruppetto, dopo un momento di silenzio, riprende fiato con la critica di una signora a cui, il papa tedesco pare somigliante, ma forse troppo in carne. Gli altri la contraddicono. Poi siamo noi a svelare la presenza dello scultore veronese che riceve, non da critici, ma da chi le sue opere le dovrà vedere tutta la vita in strade e piazze, complimenti sinceri.
Sirolla si emoziona, proprio come raccontano che accadesse, nel confronto con il pubblico, al poeta Berto Barbarani, la cui scultura, realizzata dal maestro veronese è posta, non provvisoriamente, nel piccolo giardino.
Quindi Papi, Santi, Cristi e poeti nell'universo mitologico dello scultore di origine foggiana, le cui opere ornano piazze e strade di città europee e statunitensi, trasmettendo, al passante, il messaggio e le visioni di un inquieto artista mediterraneo, parente di certe divinità che dicono dimorassero nei vulcani, battendo il bronzo per spade e scudi di eroi.
Articolo di Alessandra Galetto - "L'Arena"
Lo aveva promesso e, come è sua abitudine, ha mantenuto fede alla parola data: certo, grazie anche all'appoggio e al sostegno concreto di altre forze, ma l'idea è nata da lui. E dunque Luigi D'Agostino, meglio noto come Ginetto, non poteva mancare domenica in occasione della scopertura ufficiale del busto di Berto Barbarani che ora domina in piazza Pozza, nei giardini dell'Ater.
La cerimoni si è svolta con una forte affluenza di pubblico e in un clima di festa: organizzata dalla prima circoscrizione Centro Storico, in collaborazione con l'assessorato alle Tradizioni Popolari e il Comitato promotore cooperativa "Al Calmiere", si è trattato di un omaggio in onore di Berto Barbarani, culminato alle 12 con la scopertura del busto del poeta. Con l'iniziativa, partita più di un anno fa dalla Cooperativa "Al Calmiere" e a sostegno di quanto aveva promesso Ginetto D'Agostino il giorno stesso dell'inaugurazione della statua di Barbarani sul "canton" di piazza Erbe, il poeta ha ora anche una collocazione nel suo quartiere d'origine, San Zeno.
"Adesso possiamo stare finalmente davvero tranquilli: anche San Zeno ha il suo Berto che domina la piazza e che pare recitare ogni giorno per chi vive tra queste strade i suoi versi", ha commentato D'Agostino.
L'opera, realizzata con maestria e generosità dallo scultore Carlo Sirolla che da una foto ha tracciato il volto del poeta prima in gesso e poi in bronzo, creando un busto di notevole pregio, ha avuto il consenso di centinaia di cittadini che hanno aderito all'iniziativa attraverso una sottoscrizione di firme. L'Ater ha contribuito notevolmente alla realizzazione dell'idea e la prima circoscrizione, che da sempre ha condiviso e sostenuto l'iniziativa, ha donato il piedistallo di marmo. Alla manifestazione sono intervenuti anche varie autorità: il sindaco Paolo Zanotto, l'assessore alle Tradizioni Popolari Ivan Zerbato, la presidente della prima circoscrizione Luisa Caregaro, l'assessore Francesca Tamellini. La cerimonia ha avuto la presentazione di Giancarlo Peretti, mentre ha allietato la festa il Gruppo Banda Musicale e le Majorettes di San Michele Extra.
Articolo di Vera Meneguzzo - "L'Arena"
La natura è metafora di uno sconvolgimento mentale e terrestre che brama essere pacificato. Bronzi, bronzetti, bassorilievi, marmi, lavori monumentali assemblano nei temi molti particolari, per moltiplicarne i significati. Accanto alla tradizionale figurazione, spiccano immagini metafisiche.
Un itinerario dominato dall'azione dell'Adamo e dell'Eva di sempre. L'uomo è "Il Guerriero" nella doppia sezione del volto teso nello scontro e rasserenato nella ricerca di pace. E' "Il Domatore" che, nel frenare il cavallo imbizzarrito, diventa un tutt'uno fra istinto e razionalità. E' il "Pensiero", unico e formidabile antidoto alla follia distruttiva.
Armonia, ironia sottile, sensualità, capacità metamorfica hanno l'unico nome di donna. Si libra "La Danzatrice", oltre il palcoscenico, nello spazio esclusivo degli angeli mortali, o si accascia su "La Sedia", stremata dall'iperbolico volo. Con le sorprendenti, antigraziose "La donna gallina", "la donna mosca", Sirolla sa esaltare anche un lato meno praticato dal femminile: il coraggio di sorridere dei propri difetti. Una prova della notevole abilità dell'artista si evidenzia anche nella creazione dei "cavalli". Muscolatura fremente come energia dinamica, pulsione vitale, slancio verso il cielo che beffa l'attrazione gravitazionale.
La natura è tema ricorrente, come realtà offesa o salvatrice del pianeta. Un atto di accusa nella re-interpretazione dei miti. Il nuovo "Icaro" addita minaccioso le odierne sfide scellerate e "Perseide" la pietrificazione dell'intelletto allo sguardo della Medusa-TV.
Su ogni cosa incombe "Il Tempo" dal volto enigmatico di giovane-vecchio, in passaggi di espressione scanditi dalla clessidra.
Maestose le grandi sculture, in particolare il monumento dedicato ad un giovane e vigoroso Papa Giovanni Paolo II, opera fusa da Artebronzo di Villafranca e che probabilmente troverà sede in Vaticano.
Una ripresa dei soggetti nei disegni a china, gremiti di segni in ogni più piccolo spazio come fuga dall' "horror vacui", traslato di un nostro deserto interiore troppo caotico e dannatamente superaffollato.
Articolo di Piero Taddei
C'è anche una statua bronzea a grandezza naturale di Giovanni Paolo II tra le opere esposte dallo scultore Carlo Sirolla nell'androne e nei sotterranei del castello trasformato in municipio. La mostra rimarrà aperta fino a domenica e la scultura è visibile in anteprima per concessione del proprietario, la fonderia di Biondan di Montorio veronese.
Poco distante dalla figura benedicente del pontefice con in mano la croce pastorale, campeggia il calco del busto del poeta veronese per antonomasia, Berto Barbarani. La scultura in bronzo sarà collocata in piazza Pozza, nel quartiere San Zeno di Verona.
Una sessantina le opere di Sirolla visibili nei suggestivi spazi del castello, con misure che variano da 9 centimetri a due metri e 78. L'estroverso maestro nato a Foggia nel 1948, ma da lunghi anni residente a Verona, ha messo in passerella tanti esempi della sua variegata produzione artistica: bronzetti, bronzi, bassorilievi, marmi, monumentali. Ma anche pregevoli opere in materiale fragile come il polistirolo, o bassorilievi di gesso dipinto che il maestro tratteggia con il pollice della mano destra nel breve arco di tempo concesso dalla velocità d'indurimento del materiale. O, ancora, in cemento, quando si tratta di sculture monumentali.
Per Sirolla la scultura è liberatoria, scevra da compromessi. Ecco che allora le sue opere rappresentano entrambe le facce della medaglia. Quasi una metamorfosi. Nelle opere su "droga" e "Chernobyl" Sirolla scava magistralmente nelle sventure del nostro secolo. Idem nella composizione sul consumismo. Temi particolarmente ricorrenti e carichi di simboli nella scultura di Sirolla, il corpo femminile e la figura del cavallo che si imbizzarrisce, è domato o non si fa domare dall'uomo. Gran parte dello sforzo dell'artista s'incentra nel rendere al meglio il movimento del soggetto rappresentato. Quasi un paradosso trattandosi di composizione statiche.
Nei sotterranei del castello l'artista, che abita a Castel d'Azzano, ha esposto anche 25 disegni realizzati a china con stile arcaico, nel senso che il tratto copre ogni spazio disponibile. All'inaugurazione della mostra ha presenziato il presidente della Provincia Elio Rosele, oltrechè il sindaco Maria Luisa Tezza e numerosi esponenti del mondo artistico veronese. L'esposizione è aperta tutti i giorni feriali dalle 10 alle 19; il sabato e la domenica l'orario di allunga fino alle 22.
Articolo di Rosangela Lupinacci - "L'Arena"
E' passato quasi un anno ma il quartiere di San Zeno non si è mai rassegnato a rinunciare alla presenza di Berto Barbarani. E in estate diventerà realtà. L'idea di rompere gli indugi e di proporre la realizzazione di una statua in ricordo del grande poeta veronese fu di Vera Meneguzzo, membro del gruppo culturale Vita Veronese. Il Comune nel maggio dell'anno scorso decise il posizionamento della statua realizzata da Novello Finotti fra via Mazzini e via Cappello e non, come in un primo momento si era parlato, nel rione di San Zeno.
Gli abitanti del quartiere accolsero malissimo l'iniziativa, tant'è che già nel maggio scorso - praticamente in concomitanza con la decisione del luogo che avrebbe ospitato il bronzo - è stata data la notizia che si sarebbe fuso un altro monumento dedicato al poeta dialettale veronese da collocare in San Zeno. E nei giorni scorsi il Comitato promotore della Società cooperativa "Il Calmiere", presieduto da Renzo Rossi, ha riunito in assemblea i sanzenati per illustrare il progetto in fase di completamento.
"San Zeno ha una via dedicata al poeta, molte sue illustri poesie parlano del quartiere, una chiesa con una piazza che erano particolarmente cari all'artista: quando abbiamo lanciato l'idea non volevamo proporre qualcosa in antitesi, ma dare due ringraziamenti al grande Berto Barbarani", ha esordito Renzo Rossi, "è una iniziativa meno maestosa e costosa, ma piena del cuore dei sanzenati. A chi cerca la polemica, rispondo che Roma ha dedicato a Trilussa decine di statue e riconoscimenti nelle sue vie e nelle sue piazze. Era una mancanza per il rione che ne va orgoglioso, così come devono esserne la circoscrizione, il Comune, l'intera città. Il busto in bronzo, creato dallo scultore Carlo Sirolla, è pronto per la posa: l'Ater ha dato disponibilità economica e per gli spazi, ma esistono ancora soluzioni alternative per posizionare il monumento. Probabilmente in primavera saremo in grado di porre il busto su un piedistallo di marmo. La cifra per la realizzazione oscilla fra i 10mila e i 12mila euro: contiamo su tutti gli aiuti, sul cuore dei sanzenati, società ed esercizi, che si sono mobilitati a decine per sostenere questa iniziativa. Il comitato, che è aperto a tutti i cittadini, continuerà la sua opera di informazione in sede, in piazza San Zeno 10, con un gazebo e con volantini. Il rione diventerà la via Margutta di Verona".
Affiancato dal segretario del comitato il poeta Luciano Paolini e dal presidente del collegio sindacale Ezio Cavallo, il presidente Rossi ha presentato il consigliere di prima circoscrizione Luciano Zampieri che ha assicurato appoggio culturale e economico all'iniziativa, e il coordinatore della commissione cultura Michael De Santis che ha annunciato un concorso di poesia dialettale nelle scuole del quartiere in onore di Barbarani. Luigi D'Agostino, presidente del Bacanal, ha sostenuto che "San Zeno ha tutti i numeri e la legittimità per questo riconoscimento: rappresenta la veronesità che vuol dare un omaggio ad un artista che è sempre stato vicino al rione".
Lo scultore Carlo Sirolla ha confidato di aver creato il busto col cuore e si è augurato che trovi un degno posto magari in piazza, in segno di un'importante testimonianza. Il segretario Luciano Paolini ha letto un'ode dedicata al poeta tratta dal libro di imminente pubblicazione "Veranda o balcon, come i tà nominà in antichità", che raccoglie scritti in dialetto ed ha preannunciato la creazione in sede di un gruppo di poeti veronesi. Giovanni Carli, ex papà del Gnoco, detto Balena, ha dichiarato che un personaggio come Barbarani onora San Zeno e in chiusura non poteva mancare "San Zen che ride", recitata tra gli applausi da Ennio Biasi.
Articolo del "Corriere della Sera"
Tanto lo desiderava che alla fine lo ha fatto davvero. Anche San Zeno ha il suo busto di Berto Barbarani. E' stato presentato ieri sera al ristorante "Al Calmiere", in piazza San Zeno. Dopo una lunga diatriba, che ha infuocato e spaccato la città nei mesi scorsi, dovrebbe così concludersi il braccio di ferro con chi ha voluto che il busto del poeta simbolo della veronesità fosse posizionato in piazza Erbe. Ora il problema sembra risolto: a ciascuno il suo busto.
Introduzione di Paola Azzolini
Lo scultore Carlo Sirolla nasce "figlio d'arte": alle sue spalle una genealogia di decoratori, il padre soprattutto, ma anche il nonno e su per li rami, una stirpe geniale e irrequieta che lavora inventando tecniche e forme. La madre pratica un'arte diversa, il canto, e influisce a creare intorno a lui una serie di suggestioni che orientano e consolidano la sua sensibilità. Tuttavia la scoperta della scultura per questa personalità complessa e abbastanza imprevedibile, è almeno in parte, causale. Dopo essere stato pubblicitario, disegnatore di cartoons, anche imbianchino, si trova un giorno in mano un pezzo di legno cirmolo e scolpisce le prime figure. Poi tenta piccole fusioni in bronzo e modellini in creta. Sono anni di formazione, in cui si interessa del lavoro dei maestri veronesi, Bodoni e Pachera soprattutto, ma come lui dice, un po' lontano, anche se la traccia che rimane è persistente, in particolare a livello di tecniche di lavoro. E la scultura, soprattutto la scultura che rielabora e reinvesta, come la creazione di Sirolla, le linee portanti della grande tradizione del passato, è tutt'ora la produzione artistica, in cui tecnica e lavoro di invenzione sono più strettamente legate.
Un'altra tappa importante alla scoperta della propria vocazione sono le sculture in polistirolo per una ditta che costruisce scenografie. Siamo nel 1991, ancora sotto l'influsso della pop-art e dell'iperealismo, a cui Carlo Sirolla cede con "verve" e un filo di ironia, creando giganteschi elefanti, cavalli e statue che copiano modelli classici in un materiale fragile e illusionistico. Appena due anni prima, nel 1989, in una piccola mostra alla Galleria Pentagona di Verona, espone vari manufatti, in cui sono già presenti temi e stili destinati a caratterizzare la sua produzione: si apre così la vera stagione della sua scultura. Nelle formelle di bronzo la vena giocosa e realistica si appanna in una invenzione oscurata dalle nubi minacciose dell'incubo. Nella serie "I mali del secolo" il vento atomico scompiglia i rami del bosco divenuti i tentacoli misteriosi di un polipo gigante; "L'Inferno" si colora di riflessi sanguigni, mentre il fuoco avvolge di lingue fiammeggianti il galoppo dei funesti cavalli dell'Apocalisse.
Ma è soprattutto in "AIDS" e "Chernobyl" che la invenzione orchestrata sulle sventure del mondo contemporaneo, resuscita gli echi della figura umana appresa nella sua armoniosa bellezza sugli esempi classici. Solo che l'artista moderno corrode e insidia, con le onde di bronzo che avvolgono corpi già integri, la bellezza antica delle forme, segnandole con il presagio della fine. Così "Chernobyl" rizza su un tormentato palo totemico un volto in due metà, una segnata dalla lebbra atomica e l'altra già scheletro, evocando forse certe cere dei musei scientifici del settecento, capaci di suscitare un orrore irreale pur nella precisione anatomica della descrizione. In questo periodo si fanno più evidenti e costanti anche i procedimenti inventivi. Sempre la scultura di Carlo Sirolla nasce dal disegno che non è progetto, ma opera in sè computa, con una sua autonomia. Il disegno passa poi alla forma tridimensionale per un processo rapido e intuitivo, di cui l'occhio soltanto dell'artista sembra essere il protagonista, sicchè lo sviluppo della bidimensionalità del segno nella volumetria delle statue ha quasi del misterioso. Di fatto i passaggi da una fase all'altra non sono che una libera ascensione inventiva.
L'ultima stagione, forse la più feconda, si organizza intorno a un tema ricorrente, carico di simboli: il corpo femminile, sentito come origine, universo impenetrabile e misterioso che la fantasia modella e insieme tende a distruggere in un rapporto singolare di odio-amore. Nei bronzetti, "Colga, Eva, Il sospetto, L'attesa ecc", la ventata surrealista, rielaborata sulla scia di quella poetica dei simboli e quindi dell'ambiguità che il movimento aveva messo in voga e che non è più tramontata nell'arte moderna, annulla i volti e le teste in fantastiche forme appuntite, dove i lineamenti sono assenti, in netto contrasto con la morbidezza flessuosa dei corpi perfetti. Sempre il corpo femminile si confonde, si abbarbica ad altre forme, mani, volti, albero, in fantastiche metamorfosi oniriche.
Impossibile non avvertire l'eco di alcune "invenzioni" del surrealismo. Ma la distanza, tra l'altro, è segnata dall'assenza in Sirolla della ventata iconoclasta, dell'ironia reazionaria e sovversiva. L'originalità del nuovo artista scava la sua tonalità nel sogno o nell'incubo e le dà corpo in misteriosi connubi metamorfici.
Gli ultimi lavori seguono ancora la traccia onirica e talvolta visionaria, ma con precise concessioni alla resa plastica e classicheggiante delle forme. Si veda per esempio Il domatore: il corpo modellato in faticosi equilibrismi dinamici che evocano non l'armonia, ma l'ombra di tensioni dolorose, vagamente espressioniste.
Sempre però, anche in queste opere, insiste la tentazione della metamorfosi (La Vela). In Eva a cavallo, invece, gli inserti metallici nel corpo dell'animale e della creatura che lo guida richiamano il congegno, il meccanismo a cui si riduce l'umano nella nella metafisica dechirichiana. Infine mito e gusto decorativo si fondono ne Il Vento, suggerendo nuove possibili prospettive alla ricerca dell'artista, sempre teso al gioco della composizione e della dissoluzione delle forme del reale.
Articolo del "Nuovo Veronese"
E' stato scelto un artista veronese, Carlo Sirolla, nella interessante esposizione al Castello di Wolfsberg (Austria), che raduna, oltre le opere di notevoli pittori e scultori, i segni della cultura e della tradizione della Carinzia.
Animeranno la mostra, nei mesi di Luglio e Agosto, le tele di Roll Ralf, Schussier Karl, I Bild Melcher, Morth, i gioielli di Stefflitsch, gli orologi di Steinkellner, le installazioni di Pichler Peppo, le sculture di Carlo Sirolla, i costumi tradizionali di Sterling Otto, reperti della cultura locale di Dr. Spendel, la documentazione dei canti tipici di 125 MGV.
Ad ogni argomento verrà assegnata una delle 12 sale approntate nella prestigiosa dimora.
In occasione della inaugurazione, Wolfsberg ha organizzato una festa in costume alla presenza di autorità e ospiti.
Proveniente da un ambiente familiare particolarmente stimolante, (era il padre valente affreschista e decoratore), Carlo Sirolla dopo aver frequentato il Liceo Artistico è stato allievo di noti scultori (fra cui Gino Bogoni).
E' singolare ed eclettico personaggio che spazia anche dalla cartellonistica al ritratto, alla vignetta umoristica.
Ottimo scultore, a Wolfsberg propone suggestivi bassorilievi, sculture e piccoli bronzi "Attraverso la magia delle scene fantastiche, ironiche, macabre, trasfigurate in una specie di compiacimento barocco, simbolo di sontuose fugacità" (Da catalogo "Un arcangelo all'inferno").
Commento di Licia Massella
Carlo Sirolla, tutto lo conosciamo, solo Lui non sapeva chi fosse!
Tutti sappiamo della sua valente capacità pittorica caratterizzata da una incompiutezza che si apre ad ulteriori spazi onirici che vengono negati ad una istintiva ricerca del realismo, visto come fase malinconicamente ironica.
Tutti abbiamo memoria di aver visto con stupore, disgusto, piacere le sue innumerevoli policrome ceramiche: oggetti di uso reiventati che dissacrano la storiografia dell'oggetto stesso e creano immagini e suggestioni provocatorie che ci interrogano.
Tanti sono stati turbati dalle sue sculture, olocaustiche visioni del mondo, materializzazione delle sensazioni emergenti dal suo subconscio straziato dalle problematiche attuali.
Ora, attraverso la maturata presa di coscienza del proprio essere, Carlo Sirolla propone una serie di sculture che parlano, con un impatto visivo di tipo surrealista, delle sensazioni coinvolgenti l'intero genere umano: la gioia per la nascita destinata a sfociare nell'angoscia per la morte.
Qui l'artista riesce a comunicare, con notevole lucidit? espressiva, il profondo evolversi della propria sfera emotiva regalandoci con estrema naturalezza momenti di riflessione.
Introduzione di Vera Meneguzzo
Carlo Sirolla: mobilità del pensiero che appare per trasformarsi subito in forma, prendere corposità, dilatarsi e perdersi. Per poi risbocciare in un altro pensiero, tradotto in una diversa immagine che nuovamente si dipana, si sfarina, deborda dai contorni, per ricomporsi in un tema che pare contrapposto. Ma è solo l'inanellarsi dello stesso inarrestabile, complesso divenire. Altorilievi, sculture, imponenti e minute, per cogliere il punto esatto della lotta fra il bene e il male, fra decomposizione e resurrezione, il nucleo raggiante in cui si crea il moto. Sirolla è l'artefice di un anti-mondo che emerge ribelle e corroso, di una antirealtà, dolente, impetuosa e ossessiva. Ma è anche guerriero di un duello all'ultimo filo d'erba da salvare, al più fragile sentimento da difendere contro una società cancrenica. Una umanità ingoiata da iperbolici appetiti, da presunzioni grottesche.
L'artista procede nei suoi altorilievi, inserendo forze centrifughe, venti che urlano dal centro della terra mescolando, in un gioco paradossale e ambiguo, finzione e verità.
Lotta di corpi e di egoismi per il possesso di un dollaro di un ondulare di forme dall'impatto impressionistico, vibrate sulle corde delle emozioni, della frattura dei valori, della distruzione della dignità nei rapporti umani, della nausea per i cloni positivi del benessere.
Così, la rappresentazione di un "Inferno", fatto di corpi riflessi nello specchio deformante, cerca di domare la presenza del demoniaco, di neutralizzare il dramma dell'uomo allo svelarsi del suo stesso male. E Sirolla sa come ottenere questa decantazione. Attraverso la magia delle scene fantastiche, ironiche e macabre, trasfigurate in una specie di compiacimento barocco, simbolo di sontuose fugacità. Immaginazione e vitalismo vestono anche l'aspetto della realtà più terrificante e atroce, come un'esplosione atomica. Fra allucinazione e assurdo, si fanno largo, mani e foreste. Uomo e natura: le sole continuità autentiche, nella loro logica interna, pur inesplicabile o imperfetta. Vi domina la donna. Una venere primitiva rappresentata in "Eva e il serpente".
Esaltazione bifronte dell'esterno femminile. Creature del male, istigatrice di misfatti, pianificatrice di inganni, personificazione del Maligno, ma nel contempo, ammaliatrice e conturbante, angelica e dolcissima nel suo destino biologico materno.
A Sirolla, a volte, non basta la plasticità dell'altorilievo e si cimenta con la scultura a tutto tondo, memore dei tronchi d'albero accarezzati sulle montagne, diventati anima dello scalpello, forme per il bronzo e per il marmo.
Sconvolgente la stele dedicata al massacro di Chernobyl. Masso poliedrico, in cui il cervello umano appare, integro e scarnificato, fiore dissecato sulle radici della centrale atomica, sulla pietra di dolore delle madri, sull'agonia di un pianeta che sarebbe così, semplicemente, naturalmente, sempre nuovo e bello.
Sirolla sguaina la sua spada di artigiano-arcangelo per difendere la normalità dai mostri.
Piccoli capolavori anche i bronzetti. Sculture-oggetto di grande tensione psichica che l'artista realizza con la cura, quasi maniacale, di un orafo. Sono cavalli alle briglie dell'inventiva, volti di uomini dalla forte arica espressiva, ma soprattutto, nudi femminili di intonazione metafisica o surreale.
Piccolissima e potente come un bacillo senza antidoti è la donna che entra nella testa dell'uomo, tarlandone la volontà. Ampio e accogliente il suo ventre gestante di erotiche fantasie. Crocefissa a un destino di piacere la "Donna su sedia". Si sveste dai veli della forma il "Busto di donna". Soggiace senza gioia, allo Scorpione gigante.
Che comandi o che obbedisca, che esibisca se stessa o si ranicchi nel cavo di una mano, la donna di Sirolla conduce la partita di una sessualità cerebrale.
Se il corpo si celebra in tutte le sue curve, il volto rinserrato come un pugno, i pensieri antepongono uno scudo lucente.
Che cosa c'è oltre la visiera, al di là dei lineamenti annullati del manichino?
L'uomo, l'artista, ripete all'infinito cosce e seni. Il resto è un enigma.
Articolo di Giorgio Trevisan - "L'Arena"
Da poco scopertosi scultore Carlo Sirolla, pubblicitario di professione, propone per la prima volta al pubblico il suo lavoro plastico ospite della galleria "Torre Pentagona" situata nell'omonimo Interrato. Avvalendosi di una propulsione critica di Franca Barbuggiani, l'opera di Carlo Sirolla riesente vivamente della sua precedente esperienza pittorica. Infatti nei bassorilievi egli sviluppa una generosa ricerca sul segno e sul rilievo sorretta quasi esclusivamente dalle indubbie qualità di un disegno veloce, sicuro, quasi spontaneo.
Nella tridimensionalità però il lavoro di Sirolla sembra ancora alla ricerca di una propria connotazione, di una forma creativa originale, che si pone come prolungamento anche superamento dei caratteri inerenti la superficie. Ponendo attenzione ai bassorilievi, si nota infine come da un groviglio di linee e di movimenti circolari insorgono "fantasie oniriche che dal subconscio affiorano straziate dalle problematiche attuali" (Barbuggiani). Sirolla intende così porsi di fronte ai problemi che lacerano la società contemporanea, problemi come la droga, l'emarginazione e la devastazione ecologica, affermando con questo suo positivo atteggiamento uno spontaneo e disinteressato amore verso la natura e verso la società degli ultimi davvero encomiabili.
Articolo di Franca Barbuggiani - "Verona Fedele"
La scultura è un amore che per Sirolla sboccia nel 1984, imponendosi ben presto come interesse primario. Una scultura peraltro altamente pittorica, e non solo perchè essa non può prescindere dal colore, monocromo, sfumato e chiaroscurato, che esalta il movimento plastico del bassorilievo. Un movimento che investe le forme, disfacendole, pur restando esse sempre ricercate nei particolari. Forme che richiamano altamente tormenti barocchi. Oppure fantasie oniriche che dal subconscio affiorano straziate dalle problematiche più attuali del nostro tempo per stemperarsi nella serenità del mattino.
Le opere di Sirolla riflettono le devastazioni del male ai nostri giorni, un male che si connota come droga, come confusione comportamentale, come stravolgimento ecologico, frutto della mente impazzita dell'uomo moderno. Ma su tutto ciò aleggia un barlume di speranza che nasce dalla ferma fede nei valori positivi della vita: l'amore e il rispetto per la natura.